Contratto dei metalmeccanici tedeschi: Più che la riduzione d'orario domina la flessibilità

“I metalmeccanici tedeschi ottengono la settimana lavorativa di 28 ore e un aumento salariale del 4,3%”: questo è il messaggio veicolato dai mezzi d'informazione di regime. Quando i siti internet e i giornali hanno mandato in rete o pubblicato i primi articoli, quasi tutti gli altri gli sono andati dietro senza preoccuparsi di verificare la fondatezza della notizia, stravolgendo completamente la realtà dei fatti.
Ci riferiamo all'accordo firmato dalla IG Metall, il sindacato che raggruppa i metalmeccanici tedeschi più altre importanti categorie come gli elettrici, e la Südwestmetall, la controparte padronale degli industriali del Baden-Wuttemberg. Si tratta quindi di un accordo regionale ma che interessa quasi un milione di lavoratori e grandi gruppi industriali come Porche, Daimler-Mercedes e Bosch. Nella prassi tedesca raramente vengono stipulati contratti a livello federale ma ci si basa su quelli dei Land (regioni) più rappresentativi per cui quello firmato a Stoccarda diverrà sicuramente il modello da seguire nelle altre parti della Germania.
L'accordo è stato firmato dopo che l'IG Metall ha chiamato alla mobilitazione, a cui hanno risposto i lavoratori con altissime adesioni (anche del 100%) agli scioperi che questa organizzazione non proclamava dal 2003. Rainer Dulger, rappresentante delle associazioni padronali nelle settimane scorse aveva dichiarato: “quello che non vogliamo sono le aziende ferme per un lungo periodo e le strade piene di bandiere rosse”. L'atteggiamento intransigente è stato accantonato per far posto al compromesso con il sindacato che rinfacciava agli industriali di voler tenere i salari bassi a fronte di un un aumento dei profitti a due cifre.
Venendo all'aumento salariale diciamo subito che il sindacato aveva chiesto un incremento del 6% in 12 mesi, invece alla fine della contrattazione ci si è accordati sul 4,3% che sarà raggiunto solo in uno spazio temporale di 27 mesi come volevano gli industriali. Nel 2018 si avrà una tantum di 100 euro (70 euro per gli apprendisti in alternanza scuola-lavoro) e poi da aprile un aumento del 2,8%, quindi non molto distante dall'inflazione che si aggira attorno all' 1,8%.
Nel 2019 l'aumento sarà erogato attraverso un importo fisso di 400 euro entro il mese di luglio (agli apprendisti in alternanza scuola-lavoro 200 euro) e con un supplemento salariale collettivo corrispondente al 27,5% della retribuzione mensile. A partire dal 2020, l'importo fisso andrà sui minimi tabellari e inciderà nella paga di riferimento per tutte le maggiorazioni supplementari.
E veniamo alla questione dell'orario di lavoro. Se si è dipendenti a tempo indeterminato da almeno 2 anni si può chiedere la riduzione dell'orario settimanale a 28 ore, per un massimo di 24 mesi per poi rientrare a orario normale che per i metalmeccanici tedeschi è, salvo eccezzioni, di 35 ore (38 all'Est). E qui entriamo in un ginepraio perchè le traduzioni dal tedesco ognuno le interpreta a proprio piacimento.
Una cosa è certa, chi afferma che le 28 ore sono a parità di salario dice una bugia. Si tratta più che altro di una riduzione temporanea che i lavoratori possono utilizzare dal 2019. In cambio però chi ne farà uso perderà le somme relative, ossia i 400 euro fissi e il supplemento salariale equivalente al 27,5% di una retribuzione mensile. Inoltre, per particolari condizioni come seguire bambini piccoli, anziani, malati e per chi svolge lavori usuranti da lungo tempo, se si rinuncia al supplemento del 27,5% si possono ottenere 8 giorni di permessi di cui 2 pagati dall'azienda.
Si tratta quindi di poter utilizzare temporaneamente un orario a metà strada tra il part-time e il normale orario, e di una specie di legge 104 italiana (che concede permessi retributivi per gravi problemi familiari di salute) più estesa e a maglie più larghe. In cambio però i padroni delle aziende metalmeccaniche tedesche potranno utilizzare lavoro a chiamata fino a 40 ore settimanali con molta più facilità rispetto al passato.
Insomma, si tratta di un orario flessibile di 28/40 ore che non dispiace affatto alla Gesamtmetall, il corrispettivo tedesco della nostra Federmeccanica. Siamo ben lontanti dalla riduzione dell'orario a parità di salario per cui proprio la IG Metall, il grande sindacato dei metalmeccanici tedeschi lottò, e in buona parte ottenne, negli anni '80 del secolo scorso.
L'accordo raggiunto in Germania è stato dibattuto anche in Italia. Lo paragoniamo al contratto equivalente del nostro Paese ci appare tutto buono, nonostante il modello tedesco si basi su un sindacato cogestionario che asseconda le esigenze padronali, pone rivendicazioni solo quando l'economia nazionale non è in crisi come adesso, e siede nei consigli di amministrazione delle grandi aziende come prevede la codeterminazione vigente in Germania.
Questo perché quello firmato da Fiom-Fim e Uilm è veramente un contatto nazionale pessimo che concede massima flessibilità ai padroni senza nemmeno ottenere niente in cambio, con aumenti salariali risibili che fanno apparire il 4,3% tedesco un miraggio. Non siamo però tra quelli che vedono in questo accordo un modello da seguire.
Lo fanno invece la Cgil e la Cisl che nelle loro dichiarazioni intravedono benissimo i vantaggi per i padroni perché questo accordo serve a “rendere più produttiva l’organizzazione del lavoro in un’epoca in cui alcune rigidità del modello fordista sono venute meno”, come ha affermato l'esponente della Cgil, ed ex Fiom, Fausto Durante.
D'accordo anche il segretario della Fim-Cisl, che però vuole minori aumenti salariali per l'Italia e non per tutti. Per Marco Bentivogli da noi deve prevalere la conrtattazione aziendale perchè “riesce ad intercettare meglio l’eterogeneità dello stato di salute (e delle taglie dimensionali) delle diverse imprese”. Che tradotto vuole dire che gli aumenti salariali devono andare solo alle aziende che aumentano il profitto e la produttività, come difatti prevede l'ultimo contratto dei metalmeccanici firmato da Cgil, Cisl e Uil.
Noi marxisti-leninisti rivendichiamo la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario per tutti, senza intaccare le agevolazioni per chi deve fronteggiare seri problemi familiari. A 32 ore, 30 oppure 28, ma ricordiamo che in Italia non siamo arrivati ancora a 35 senza contare che in molte piccole aziende, la maggioranza nel nostro Paese, si fanno milioni di ore di straordinario, che lo permettano o no i contratti, con orari che in certi casi superano le 50 ore settimanali.
Rivendicazioni che i sindacati confederali e i partiti della “sinistra” borghese italiana hanno abbandonato da tempo (vedi PRC) salvo tirarle fuori di nuovo in funzione elettorale, ma senza alcuna credibilità, come stanno facendo “Potere al Popolo” e “Liberi e Uguali”.

14 febbraio 2018